Si tratta di un disturbo, chiamato anche eminattenzione o negligenza spaziale unilaterale, caratterizzato dalla difficoltà della persona ad esplorare, prestare attenzione, percepire e agire nella parte dello spazio opposta alla sede di una lesione cerebrale. Spesso insorge in seguito ad un ictus che colpisce l'emisfero destro del cervello. Si può associare di frequente a emiparesi, ovvero una perdita parziale della funzione motoria di metà del corpo.
Nei casi più gravi si accompagna a marcata deviazione della testa e dello sguardo verso destra e si manifesta in tutte le attività quotidiane e per qualunque tipo di stimolo. La persona può arrivare, per esempio, a lasciare metà del cibo nel proprio piatto (quello a sinistra). Il disturbo non è spiegabile con i deficit sensoriali o motori e si accompagna spesso a mancata consapevolezza (anosognosia). Nei casi più lievi, o dopo un sostanziale recupero funzionale, il neglect si evidenzia solo quando il paziente svolge qualche attività in maniera semi-automatica. I pazienti con neglect possono presentare disturbi, oltre che in relazione all’esplorazione dello spazio esterno al corpo, anche nell’ambito della loro stessa persona. Ad esempio, il soggetto fa la barba, si trucca o si lava solo nella parte destra del viso. La riabilitazione neuropsicologica Lo scopo dei programmi riabilitativi, effettuati da professionisti formati nell'ambito della neuropsicologia, è quello di favorire l’orientamento della persona verso il lato opposto a quello della lesione, quindi verso sinistra. Spesso questo è ottenuto introducendo una serie di segnali visivi sul bordo sinistro degli stimoli e fornendo una serie di rinforzi alla prestazione del soggetto (ad esempio, rinforzi verbali). Esistono, comunque, numerose tecniche che possono aiutare queste persone a recuperare tale deficit. Fonte: Bisiacchi, Tressoldi (2005). Metodologia della riabilitazione delle funzioni cognitive. Carocci Editore. Nei bambini e negli adolescenti, i disturbi d'ansia possono essere classificati in base alle situazioni temute. In particolare, possiamo trovare forme di ansia generalizzata, sociale, scolastica, da separazione e fobie.
I sintomi somatici più comuni con i quali tali disturbi possono manifestarsi sono:
Ad esempio, spesso nel bambino o nel ragazzo con ansia sociale possiamo osservare la tendenza ad evitare situazioni di interazione con i pari e con adulti non familiari. Il bambino pensa di non essere interessante o di non essere gradito. Nella fobia scolastica possiamo riscontrare ansia acuta al risveglio e il rifiuto da parte del bambino di andare a scuola. La casa e la vicinanza con le figure di accudimento sono visti come rassicuranti rispetto alla scuola vissuta invece come "minacciosa". In età evolutiva, così come nell'adulto, l'evitamento delle situazioni temute è una strategia adottata per abbassare il livello di ansia, con ricadute negative sull'autostima e sulle relazioni interpersonali. Inoltre, l'evitamento innesca un circolo vizioso che tende a far peggiorare sempre di più la sintomatologia. E' necessario pertanto attivare un percorso che aiuti il bambino ad affrontare l'ansia e gli consenta di gestire tale sintomatologia. Numerosi studi hanno dimostrato l'efficacia della psicoterapia cognitivo-comportamentale nell'aiutare bambini e adolescenti a superare disturbi emotivi caratterizzati da ansia e depressione. Tale tipo di intervento applicato a soggetti in età evolutiva ha la caratteristica di essere, nella maggior parte dei casi breve. E' basato sul principio che pensiero, emozione e comportamento sono tre aspetti del funzionamento dell'individuo, che interagiscono in continuazione e si influenzano reciprocamente. Riferimenti bibliografici:
Un soggetto ansioso di solito presenta difficoltà nell'interpretare correttamente le attivazioni fisiologiche collegate alle proprie emozioni.
Di conseguenza, un'emozione non identificata si traduce nella tendenza a "previsioni catastrofiche" che porta ad un circolo vizioso sul senso di pericolo. L'ansia, esperienza comune a tutti, diventa un problema e quindi un disturbo, quando l'intensità delle sue manifestazioni è così elevata da impedire alla persona di svolgere le normali attività della vita quotidiana, come ad esempio, lavorare, andare a scuola, uscire, frequentare gli amici. Nei primi anni della scuola primaria è possibile individuare una serie di indicatori predittivi di disturbi specifici dell'apprendimento (DSA). Di seguito, potete trovarne alcuni. Molti di questi comportamenti possono essere comuni durante il primo anno di scuola, ma la loro persistenza e la presenza massiccia e associata deve portare a qualche sospetto.
"Non stanno a sentire":
"Non si impegnano abbastanza":
"Non si concentrano":
"Non sono precisi":
"Non controllano il loro lavoro":
Fonte: Dislessia e altri DSA a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti (2013). Edizioni Erickson. Come riportato nell’art. 1 della legge 170/2010, la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia, definiti “Disturbi Specifici dell'Apprendimento” (DSA) “si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana”.
I DSA rappresentano un problema rilevante e secondo i dati della Consensus Conference (2007), tra la terza classe primaria e la terza secondaria di primo grado, il valore medio della prevalenza è del 3-4%. Il mancato riconoscimento di tali disturbi può comportare storie di insuccesso scolastico con ripercussioni sullo sviluppo emotivo, comportamentale (comportamenti antisociali o oppositivi) e sull’adattamento sociale. Secondo numerosi studi (Consensus Conference, 2007), la tempestività è una delle variabili più rilevanti per l’efficacia di un intervento di recupero. Un intervento tardivo ha infatti minori possibilità di successo, in quanto viene attuato quando i deficit o le lentezze nello sviluppo ormai si sono cristallizzati in veri e propri disturbi. È importante quindi prestare massima attenzione alle potenzialità della prevenzione: individuando i segnali precoci di difficoltà è possibile, infatti, identificare le difficoltà e utilizzare gli strumenti di recupero più adeguati. |
Dott.ssa Maria Rosaria TamborrinoPsicologa e psicoterapeuta Archivio
Marzo 2023
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